Primiero, le Pale e Paneveggio, un anno dopo Vaia







È tardi, treno fermo in banchina e non ti lasciano salire, sai che ci sono problemi lungo il percorso, sai che quando arrivi dovrai affrontare un paio di ore di macchina di cui l'ultima parte resa un po' difficile dal maltempo dei giorni scorsi, sai che probabilmente pioverà ancora e sai che di imprevisti e problemi se ne stanno ammucchiando un po' lungo il percorso. Alzi gli occhi e tiri il fiato, dopo di ché ti ripeti l'unica cosa che hai imparato in trentasette anni di vita: la serenità è una condizione dello spirito che nulla ha a che fare con il contesto in cui vivi. Quindi respiri e sorridi per il cielo azzurro e la successione di arcate che ti saluta da lì sopra. Stasera abbraccerai chi ami, quale che sia l'ora a cui arriverai a casa, accarezzerai i tuoi cani e domani sera sarai di ritorno a casa con tua figlia e te la godrai insieme alla tua compagna per qualche giorno, tempo prezioso. Ora pensi ai tuoi amici liguri, ai tuoi amici camuni, a chi guarda a Po e Ticino con un po' di timore: preghi un poco per loro come può farlo chi come te non crede in alcun dio, cioè cercando ragioni e cercando soluzioni, allungando una mano per offrire aiuto e sostegno. Sei seduto e chiudi gli occhi, li riapri e ti trovi un poco patetico di fronte a quello che hai scritto, ma oggi butta così e probabilmente avevi bisogno di farlo. Hai passato Tiburtina, ora sotto con il resto: lamentele a zero, occhi sinceramente stanchi e sorriso. Buon viaggio.
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L'anno scorso era stato tutto molto difficile: Halloween cadeva di mercoledì e quindi Alice era con me, Alessia lavorava ancora al CRAS/Centro Faunistico del Parco dell'Adamello e noi la raggiungemmo a Paspardo, affrontando il ben poco amichevole traffico pontile di Milano.
Io acciaccato, Alice di malumore, Alessia stanca e febbricitante: è stata una serata difficile come purtroppo ne possono capitare, nonostante tutte le migliori intenzioni e i tentativi fatti per sorridere e stare bene insieme.
La mattina successiva, con calma, abbiamo riportato Alice a Milano e da lì, carichi di valigie e speranze, con i nasoni nel baule, ci siamo diretti verso Borgo Valsugana TN, con l'intenzione di andare a visitare Arte Sella il giorno successivo.
Ignari di tutto, Alessia ancora un po' in giande, io triste per il tempo con Alice trascorso malamente, conduciamo la macchina lungo la strada. Una transenna ci ferma. Un cartello. Un comunicato  stampa.
Vaia l'hanno chiamata, è passata lì 36 ore prima, ha toccato anche la Valle Camonica. Ma qui si è appoggiata con maggiore violenza e tutto è chiuso, tutto è pericolante, la gente stordita, noi stralunati.

Siamo tornati ad Arte Sella quest'estate, negli ultimi giorni del nostro viaggio di nozze: è stato bello ed emozionante, ci vorremmo portare anche Alice, anche per farle vedere i segni della natura che, qua e là, volontariamente, sono stati lasciati per preservare la memoria.







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È di nuovo Halloween, ma quest'anno il tempo con Alice passa sereno, tra costumi da streghetta autoprodotti, dolcetti spettrali e ali da pipistrello su misura per papà, intento a svolazzare attorno a una procace e sorridente Alessia, strega anch'essa, di cui ora sono il felice marito.



Saluto Alice e dopo una giornata di lavoro raggiungo Alessia a casa per aiutarla a preparare i non pochi bagagli: quattro giorni sotto le Pale di San Martino e danno pioggia ininterrotta, il minimo è portarsi un buon numero di cambi, no?

È stata Alessia ad aver suggerito di venire a visitare il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, il cui direttore, Vittorio Ducoli, è una vecchia conoscenza di entrambi: lei ci ha lavorato nel periodo in cui era a capo del Parco dell'Adamello e lo rispetta molto, mentre io ci ho avuto a che fare quando dirigeva il Parco delle Foreste Casentinesi e ne nutro un ottimo ricordo. Il calendario e la disponibilità di un giorno di straordinari da recuperare hanno siglato il tutto, il meteo inclemente se ne può anche andare a cagare.

Il viaggio per arrivare è pigro, lungo la Gardesana che risale da Salò fino a Riva del Garda, da lì a Trento per andare a imboccare la Val di Fiemme: l'intenzione è quella di arrivare al Passo Rolle e godere della vista mozzafiato sulle Pale di San Martino. L'orologio e il meteo rendono l'ultima parte del percorso un piccolo incubo, con la nebbia che cela larici, paracarri e corridori idioti senza luci né catarifrangenti.

Arriviamo a Fiera di Primiero, dove abbiamo affittato per qualche giorno un appartamento, tirando un sospiro di sollievo. Ci accoglie una signora gentile, dalle orecchie un po' dure, ma con sorrisi caldi e sinceri: "I caloriferi ze caldi, ma mi go acceso anca la stufa... ze n'antra cosa..."



Prendiamo possesso delle nostre stanze, Fermin e Susie fanno amicizia con la stufa e, cenando con tutta calma, riprogettiamo la prima escursione, in programma per domattina: dal Lago di Calaita scendere fino a trovare il sentiero che porta alla Cima Bedolé, da lì in cresta proseguire fino allo Spiz del Dòch e da lì ritornare al lago tagliando per i pascoli. Sulla carta tutto easy.
Sveglia morbida, colazione, giro in paese per far provviste e quindi zaini pronti: si va!
Seguiamo pigri le indicazioni per il parcheggio del Lago di Calaita, cambiamo le scarpe con gli scarponi da alta montagna (ero davvero molto poco convinto mentre allacciavo i miei vecchi Tecnica da ghiacciaio, ma qualche ora più tardi la scelta si sarebbe rivelata salvifica) e, dopo aver dato un'occhiata a cartina e bussola scendiamo lungo il tracciato della Primiero Dolomiti Marathon, sotto una pioggerellina delicata e dentro nuvole morbide.

Trotterelliamo schivando pozzanghere, fango e sotte sparse in abbondanza sul terreno, fino a guadagnare l'ingresso nel bosco dove il sentiero scende deciso per raggiungere la sottostante mulattiera che ci condurrà fino al sentiero per la Cima Badolé.

Sentiero fiabesco -> mulattiera d'ordinanza -> cantiere e strada sbarrata: di fronte a questa rapida sequenza decidiamo di andare avanti, gasati dall'atmosfera autunnale (che sì, nella pioggia, nel freddo e nell'assenza di panorama, può anche essere bella).

Scendiamo un poco e poi tagliamo per il bosco salendo rapidamente: qui riguadagniamo il sentiero, ma la spianata dei lavori, alberi divelti, caduti, tagliati e tracce che si perdono e si ritrovano qua e là cominciano a instillare il dubbio che qualcosa non vada. Noi però siamo in parte testardi, in parte consapevoli che il livello di rischio è ancora parecchio basso e quindi procediamo.

Dopo che ho verificato la bontà di una traccia Alessia mi raggiunge e proseguiamo lungo il crinale alberato, dove il sentiero dovrebbe svilupparsi, ma le interruzioni a causa dei trochi caduti per Vaia sono continue: il versante est dell'altura su cui stiamo cercando di muoverci è stato pesantemente colpito, specialmente nell'area sommitale e non sempre si riesce a scavalcare i fusti spesso di dimensioni importanti dei numerosi alberi caduti, più frequentemente è necessario scendere e cercare di aggirare gli ostacoli.


Morale, arriviamo dopo quasi tre ore sulla sommità di Cima Bedolé, più preoccupati che affaticati: l'ultimo tratto l'abbiamo percorso spesso a quattro zampe e io sto facendo i conti con la mia paura di cadere e la vertigine. I pensieri si accavallano mentre comunque sghignazziamo guardandoci attorno rimirando il panorama totalmente appiattato dalle nuvole basse.


Riprendiamo il cammino e letteralmente mi inchiodo sulla discesa per paura di scivolare sull'erba bagnata. Alessia, tranquilla, mi dà tempo e consigli, mentre io cerco di sbloccarmi come posso. Si tratta di una brutta sensazione quella che provo, mi ferisce e mi fa sentire indifeso, mi mette a confronto con i miei sogni (il telemark inteso in chiave scialpinistica) e mi fa sentire inadeguato. Per fortuna mia moglie è in gamba e con il suo aiuto esco dall'impasse che, comunque, mi obbliga a riflettere e valutare strategie risolutive.

Rimugino al riguardo tra me e me e intanto il nostro sentiero disseminato di abeti schiantati diventa un gomitolo o, forse sarebbe meglio dire, un nodo di Gordio. Controlliamo gps e carta, per quanto i minuti passino a decine sembra che non si riesca ad avanzare che di pochi metri verso il Pizz del Dòch: abbiamo a occhio e croce ancora quattro ore di luce a disposizione e grandi incertezze riguardo la bontà delle condizioni del percorso davanti a noi.

Dopo un ultimo difficile passaggio, dove gli sguardi smarriti di Fermin e Susie sono parsi tanto a me quanto ad Alessia particolarmente eloquenti, decidiamo di rientrare. Tornare indietro non se ne parla, pertanto si decide di iniziare a scendere lungo il bosco, avanzando verso nord ovest: in questo modo prima o poi intercetteremo o la mulattiera o il sentiero da cui siamo arrivati.

Alessia davanti con i nasoni al guinzaglio, io dietro con i bastoncini, come due rabdomanti che cercano l'acqua. A un certo punto i cani eccitatissimi ci portano fino a una cerva morta, parzialmente mangiata: niente segni di arma da fuoco, chissà che storia si porta dietro. Ci giriamo un poco attorno e poi riprendiamo a scendere fino a che arriviamo esattamente al punto in cui sentiero e mulattiera si uniscono. "Che culo!" mormoro tra me e me.

Sospiro di sollievo e un solo pensiero: "Dai che quando arriviamo alla macchina andiamo a farci qualcosa di caldo al bar ristorante in riva al lago!"


Una cioccolata e un te bollenti, seduti appiccicati alla stube accesa, tra i discorsi dei manutentori delle piste e i vecchi al banco: a volte basta poco per essere felici.

Il giro come avrebbe dovuto essere: https://primierohiking.com/it/calaita-s-antonio-bedole-spiz-del-doch-calaita-2/

Il giro come è stato:


Sulla via del ritorno ci fermiamo nella parte bassa di Fiera di Primiero, per un rapido salto in farmacia (mi sono graffiato la testa in uno degli avventurosi passaggi sotto gli alberi schiantati al suolo) e scopriamo che il paese è assolutamente gradevole e accogliente.
In particolare rimaniamo a bocca aperta di fronte alla bellezza austera, ma accogliente, della splendida chiesa arcipetrale di Santa Maria Assunta e del vicino Oratorio.
Nel nostro peregrinare troviamo anche un'enoteca, dove mi procuro una bottiglia di marzemino, una di nosiola e un vino fortificato prodotto da un vecchio amico con i baffi...

A cena mangiamo una tagliata di manzo meravigliosa (la materia prima arriva dalla Macelleria Bonelli e consiglio caldamente di andarci se passate da quelle parti) e Alessia scopre che il marzemino è decisamente nelle sue corde: annoto mentalmente la cosa mentre andiamo a dormire ebbri e doloranti.

La domenica scorre lenta, tra pioggia e riposo. Poco prima di pranzo mi invento la voglia di andare a correre e Alessia mi sorride dicendo "Divertiti!" e non è affatto sarcastica.


Mi sono regalato per il compleanno un paio di Vibram Fivefingers V-Alpha e decido di usare quelle per muovermi tra le pozzanghere sotto la pioggia. Ho sempre guardato a queste calzature con un mix di curiosità e perplessità, ma siccome sono un bambino alla prima occasione utile ho deciso che potevano essere uno strumento utile per lavorare sulla propriocezione. Ed è vero, funzionano! Ma si deve stare attenti a come ci si muove per evitare di farsi male e, forse proprio per questa ragione, mi pare che siano estremamente utili e funzionali. Morale, mi sono fatto col sorriso 4km letteralmente tuffandomi nelle pozzanghere, rientrando a "casa" ridendo, davanti a una moglie molto divertita.

Nel pomeriggio decidiamo di lasciare i cani al caldo e scendiamo in paese per fare due passi sotto l'acqua. Siamo due bambini e non perdiamo occasione per giocare.



Lunedì mattina è giunto e riconsegnamo le chiavi dell'appartamento mentre nuvole veloci scorrono in campo azzurro: finalmente si vede il cielo e si vedono le montagne attorno e... che meraviglia!
Una volta pronti ci mettiamo in marcia verso il Passo Rolle che ora riusciremo a vedere, con l'intenzione di tentare un bell'itinerario ad anello che parte dalle piste da sci.
Incespichiamo risalendo i muraglioni e... sbam.


Purtroppo ci dobbiamo fermare: la pioggia dei giorni scorsi è ora invisibile ghiaccio vetrificato sul sentiero lastricato e proseguire non è consigliabile. Guardo l'orologio, guardo l'orografia del terreno, prendo Alessia per mano e ci ritroviamo su un piccolo promontorio dove, schiena protetta da un masso e cani acciambellati al sicuro, ci prepariamo due panini con uno speck e una porchetta spaziali (vedi il link della macelleria sopra) e un thermos di te caldo.


Qualche foto di rito, pensando che abbiamo pestato la prima timida neve della stagione, prima di tornare alla macchina e guidare verso Paneveggio.


Qui le statistiche del giretto:



Arrivati a Paneveggio ci prendiamo un'oretta per fare il semplicissimo e molto interessante Sentiero Marciò: si tratta di un percorso ad anello naturalistico didattico adatto a famiglie, con semplici e funzionali installazioni che lo rendono godibile per bambini di tutte le età.



Un giro che non vedo l'ora di fare anche con Alice: mi immagino il suo musetto divertito e l'espressione partecipe mentre leggiamo le tracce degli animali, studiamo gli alberi e traballiamo sul ponte sospeso...


E anche questa è fatta: risaliamo in macchina e piano piano torniamo verso casa, senza fretta.

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